Santo Lapis
25/11/17
Salone d’Onore di Palazzo Barolo
Singolo 10,00 €
Ridotto 6,00 €
Santo Lapis
Un protagonista dimenticato del Barocco italiano
Ensemble ArtiCoolAzione
Nicola Brovelli, violoncello
Luigi Accardo, clavicembalo
Antonio Vivaldi (1678 -1741)
Sonata in si bemolle maggiore per violoncello e basso continuo RV 46
Largo – Allegro – Largo – Allegro
Santo Lapis (1699-1765)
Sonata terza in do maggiore per clavicembalo solo (Dodici Sonate
per cembalo)
Spiritoso
Francesco Geminiani (1687-1762)
Sonata in re minore per violoncello
e basso continuo op. 5 n. 2
Andante – Presto – Adagio – Allegro
Santo Lapis
Sonata ottava in la maggiore per clavicembalo solo (Dodici Sonate
per cembalo)
Allegro
Salvatore Lanzetti (ca 1710-ca 1780)
Sonata in la minore per violoncello
e basso continuo op. 1 n. 9
Adagio – Allegro – Andante
SANTO LAPIS – Giovanni Tasso.
Il repertorio barocco riserva ai suoi appassionati sempre nuove sorprese, grazie alla incessante ricerca musicologica che da mezzo secolo continua a riportare alla luce opere e compositori caduti da tempo nell’oblio. Intendiamoci: nella maggior parte dei casi si tratta di figure di importanza secondaria se non addirittura marginale, ma ognuno di questi compositori va ad aggiungere una nuova tessera a quel meraviglioso mosaico che è la produzione musicale fiorita tra il XVII e il XVIII secolo, di cui oggi viene eseguita normalmente solo una minima parte.
Questo concerto ha il merito di riproporre due sonate per clavicembalo di Santo Lapis, compositore, arrangiatore di pasticci operistici e impresario teatrale nato a Bologna nel 1699, sulle cui vicende biografiche continuano a permanere più luci che ombre. Per farsene un’idea basta pensare a uno dei molti pittoreschi personaggi che percorsero tra alterne vicende i paesi europei alla ricerca di una fortuna sempre a portata di mano ma che – per una ragione o per l’altra – non riuscirono mai ad afferrare.
Dopo aver ricoperto una serie di incarichi musicali tra Bologna e Venezia, nel 1733 Lapis – che, a dispetto del nome di battesimo, proprio santo non doveva essere – abbandonò la moglie e il figlioletto per fuggire con un’altra donna nei territori dell’impero asburgico, dove ebbe inizio il suo lungo peregrinare in tutto il continente. Dopo essersi unito a una compagnia operistica itinerante, Lapis cominciò a farsi notare in alcuni dei principali centri periferici dell’attuale Austria, ma – quando era ormai pronto per il grande salto nel paradiso dorato di Vienna – scoppiò la Guerra di Successione Austriaca, che lo costrinse a fuggire in Olanda, dove rimase per una quindicina di anni raggiungendo un buon successo, organizzando concerti in abbonamento e stagioni operistiche, impartendo lezioni ai rampolli della borghesia e della nobiltà locale e scrivendo opere di pregevole fattura per il numero sempre maggiore di musicisti dilettanti di Amsterdam, L’Aja, Haarlem e Leida.
Nel 1757, ormai giunto alle soglie della sessantina, Lapis si trasferì nella prospera Inghilterra, dove continuò a dare prova del suo multiforme talento fino alla sua morte, avvenuta nel 1765. Subito dopo la sua scomparsa, di Lapis si perse quasi completamente la memoria e la sua produzione andò in gran parte dispersa, al punto che delle sue 18 opere a stampa sei sono andate irrimediabilmente perdute e delle altre ci sono pervenute pochissime copie, mentre del suo copioso catalogo operistico si è salvato un solo titolo, La generosità di Tiberio, un’opera seria messa in scena a Venezia nel 1729. Di questo fascinoso compositore vengono proposte tre delle dodici sonate composte nel 1746 per la ventenne contessina russa Elisabeth Esperance Golowkin, che probabilmente fu una delle allieve di Lapis durante il suo soggiorno all’Aja. Si tratta di opere brillanti e tutt’altro che banali sotto l’aspetto tecnico – un fatto che depone sul talento che doveva avere la ragazza – che sotto il profilo stilistico anziché guardare verso le allora nuove suggestioni rococò si riallacciano alla collaudata scrittura di Domenico Scarlatti, che in quegli anni continuava a sfornare sonate su sonate a Madrid. La vitalità cordiale e coinvolgente di queste opere tratteggia l’immagine di un autore che aveva saputo imporsi efficacemente nei colti salotti della borghesia olandese e che – fatti gli opportuni distinguo – seppe incarnare lo spirito malandrino e avventuroso di un certo Settecento come i ben più noti Giacomo Casanova e Lorenzo Da Ponte.
Per accompagnare il ritorno del compositore bolognese sono state scelte tre sonate per violoncello e basso continuo di una stella di prima grandezza, un satellite (di Arcangelo Corelli) e una meteora del panorama musicale italiano del XVIII secolo. Accanto alle due note pagine di Antonio Vivaldi e di Francesco Geminiani – concepite secondo la struttura della sonata da chiesa, con una doppia alternanza di movimenti lenti e veloci – spicca la bella Sonata di Salvatore Lanzetti, compositore originario di Napoli e attivo per molti anni alla corte torinese di Vittorio Amedeo II, da dove partì per diverse fortunate tournée all’estero – soprattutto in Inghilterra – che gli permisero di mettere in grande evidenza il suo sbrigliato virtuosismo. Più che per la raccolta di sonate per violoncello e basso continuo pubblicata nel 1736, Lanzetti è passato alla storia della musica per i Principes de l’application du Violoncelle par tous les tons, un metodo per violoncello che riscosse un notevole successo per molti anni.